Per poter apprezzare un’opera d’arte, sappiamo che è cosa buona e giusta un attimo di lettura e di preparazione: la storia dell’artista, il periodo in cui è vissuto, la committenza, sono tutte informazioni che, messe insieme e lette attentamente, danno dell’Opera che stiamo osservando una visione globale e ci consentono di capirne aspetti e dietrologie che, viceversa, non saremmo in grado di apprezzare.
Ci sono però opere di cui, secondo me, forse è meglio non sapere niente. Dobbiamo arrivarci di fronte quasi per caso, distratti. È il caso del Cristo velato della Cappella Sansevero a Napoli.
Un’opera sulla quale possiamo leggere libri, enciclopedie, vedere mille foto, ma vi assicuro che, quando poi ci troviamo lì di fronte, tutti i pensieri, tutte le pagine che abbiamo letto scompaiono. E rimane solo lo stupore.
Lo stupore di fronte a questo corpo disteso, le cui velature appaiono talmente vive che non riusciamo a capacitarci se esse siano di pietra, oppure se è tutto un geniale trucco del folle principe Raimondo di Sangro che ha posato sul corpo inerme del Cristo scolpito dal giovane scultore Giuseppe Sammartino un tessuto.
Ci viene quasi la voglia di metterci la mano, come San Tommaso, increduli fino alla fine che mano d’uomo abbia potuto modellare a tal modo un masso.
Ecco, questo è quello che io provo di fronte ad opere come questa.
(Angelo Coccaro)