La Cena in Emmaus di Londra

Nella Cena in Emmaus di Londra, lo vediamo subito, ci troviamo di fronte ad un’opera degli anni giovanili di Caravaggio. Ce ne accorgiamo dai colori, luminosi e lontani dai chiaroscuri e dalle ombre degli anni a venire: una tovaglia così bianca forse non l’abbiamo mai vista nelle tele del Merisi.

Proprio al tavolo, fulcro della scena, Caravaggio conduce il nostro occhio, accompagnandoci con quel fascio di luce che viene da sinistra, quasi si trattasse di un faretto a fianco del pittore in atto di dipingere (guardate la schiena illuminata della figura sulla sinistra e l’ombra dell’oste protratta dietro la figura di Cristo). Ci troviamo in un ambiente decoroso, lontano dalle osterie malfamate troppo spesso citate dai biografi. Lo vediamo dalla tovaglia, inamidata e senza macchia alcuna, peraltro posta sopra un drappo finemente decorato di cui si vede il bordo. Lo vediamo ancora dalla sedia Savonarola su cui siede l’uomo sulla sinistra (la sedia la incontreremo ancora in tanti altri quadri del periodo!). La mensa è invitante, un pollo già pronto, tre pani (uno a testa), una brocca di acqua e una per il vino; una cesta di frutta, un calice e una scodellina.

Cena in Emmaus [National Gallery, Londra]

Cena in Emmaus [National Gallery, Londra]

Ma vediamola meglio questa strepitosa natura morta. Guardate le decorazioni della brocca, e ancora quelle che si intravedono nel piatto e nella ciotolina davanti all’uomo sulla destra. Non motivo a caso, bensì motivi floreali tipici delle ceramiche seicentesche! Guardate che spettacolo la brocca del vino. Ammirate il riflesso della luce e l’ombra sul tavolo… sembra davvero di averla davanti!

Guardate poi la cesta di frutta. La frutta è quella di stagione, tra la fine dell’estate e l’autunno: c’è l’uva (sia bianca che rossa), il melograno, dei fichi, delle mele con qualche punto di annerimento e una pera. Ammirate il bordo della cesta che fuoriesce dalla tavola (è qui immediato il richiamo alla  canestra dell’Ambrosiana!).

Passiamo ad analizzare da vicino l’uomo sulla sinistra (Cleopa, secondo le scritture). Dovrebbe essere anche lui un pellegrino, almeno immaginandolo come compagno dell’altro uomo più anziano, che invece ostenta ben visibile la conchiglia di Santiago, a farci capire immediatamente la sua provenienza. È un uomo umile, lo dimostra la giacca bucata sul gomito. E Caravaggio questo buco lo vuole sottolineare bene, tanto che la camicia bianca sotto l’abito la fa vedere bene illuminata, anzi la fa quasi fuoriuscire dal quadro, acquisendo l’opera grazie a questo particolare, insieme alla cesta trasbordante dal tavolo, profondità (quella profondità che spesso manca nelle opere del Merisi).

Passiamo ora all’uomo sulla destra. Barba lunga e bianca, stempiato (la sua effigie la ritroveremo tante volte nei quadri del Merisi!), camicia e mantella su cui è appuntata in bella vista la conchiglia del pellegrino e un tovagliolo poggiato sulla gamba.

Dietro al tavolo, seduto al centro, l’ospite di riguardo. Quel giovane imberbe che i due hanno accolto senza sapere chi fosse. È un ragazzo giovane, in salute, col viso bello tondo e i capelli in ordine, l’abito rosso cinto in vita da una fascia bianca e un mantello color panna.

Completa la scena l’uomo dietro sulla destra. È l’unico che sta in piedi, e da ciò si vede subito che è l’oste. Guardate le dita nelle brache, evidente segno di attesa: magari sta aspettando che i clienti ordinino qualcos’altro, anche perché sul tavolo mancano due bicchieri (chissà, forse l’abitudine era di bere tutti insieme alla brocca!). A dirci che si tratta dell’oste è anche la cuffietta in testa. È un giovane, l’oste, con il volto sbarbato, la camicia aperta (quale delicatezza l’arriccio del colletto) con le maniche risvoltate: si sa a far avanti e indietro dalla cucina ci si accalora!

Caravaggio, nella sua pittura dal vero, blocca la scena nell’attimo in cui Cristo si annuncia. È naturale, la notizia di trovarsi davanti il Signore non è da poco: l’uomo sulla sinistra sobbalza dalla sedia, lo vediamo con le mani poggiate sui braccioli nell’attimo di alzarsi; l’uomo sulla destra spalanca letteralmente le mani, in segno di miracolo. L’oste invece resta fisso, impassibile, a guardare la scena. Non ha tempo per i miracoli. Mandare avanti una bottega costa fatica e sudore, e poi si sa, nel suo daffare non ha tempo di ascoltare le storie che si dicono a tavola!

(Angelo Coccaro)

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